Alta valle del Reno

Grizzana Morandi: dalla Rocchetta Mattei al Santuario di Montovolo

Le borgate più antiche e belle dell’appenino si trovano sulla strada che dalla Rocchetta Mattei porta al santuario di Montovolo, anticolimes bizantino dal 500 al 700 d.c.

da un post di ARCA Appennino Bolognese

Rocchetta Mattei

La Rocchetta Mattei Grizzana Morandi nella Valle del Reno, sull’Appennino tosco-emiliano, è un castello fiabesco unico nel suo genere per la combinazione di stili diversi e il labirinto di stanze interconnesse, cortili, passaggi, scalinate, archi, volte dipinte e torri.

La sua architettura è strettamente collegata con l’affascinate storia del Conte Cesare Mattei che scelse questo luogo con l’intento specifico di fare della sua fortezza la culla della pratica che prende il nome di elettromeopatia.

La struttura del castello tra i più particolari Castelli Emilia Romagna fu modificata più volte dal Conte Mattei durante la sua vita, rendendola un labirinto di torri, scalinate monumentali, sale da ricevimento, camere private che richiamano stili diversi, dal Neomedievale al Moresco al Liberty. Evidenti i richiami decorativi a costruzioni quali l’Alhambra di Granada per il Cortile dei Leoni e la Grande Moschea di Cordoba per la cappella dove il Conte Mattei è sepolto.

Santuario di Montovolo

L’iscrizione sulla lunetta in arenaria del portale, A.D. MCCXI R.O. I. P, che Mario Fanti interpreta, incontestato, come Anno Domini 1211 Regnante Othone ImPeratore (cioè Ottone di Brunswick che regnò dal 1209 al 1218), pone una collocazione temporale precisa della Chiesa di S. Maria di Montovolo (l’intitolazione alla B.V. della Consolazione è documentata solo dal XIX secolo), la cui storia, però, è assai più antica.

Santuario di Montovolo
Santuario di Montovolo

Tralasciando le origini remote, che la individuano come probabile tempio pagano, ipotesi suffragata da rinvenimenti nei dintorni di reperti etruschi di varia natura, e limitandoci all’era cristiana, esse si possono far risalire al X – XI secolo, come attestato dai resti nella cosiddetta cripta, certamente di età proto-romanica.

Chiesa, questa primitiva, andata distrutta da un incendio definito “ab immissione Diabolica” sul documento con cui Ottaviano Ubaldini, arcidiacono del capitolo metropolitano di San Pietro, promosse una raccolta fondi presso tutti i parroci di città e del contado finalizzata alla sua ricostruzione. La Chiesa di Montovolo, infatti, apparteneva ai canonici della cattedrale bolognese fin dal 1054, anno in cui fu ad essi assegnata, con atto di donazione, dal vescovo Adalfredo.

Non è da escludersi, pertanto, che la ricostruzione della chiesa di Santa Maria di Montovolo si inserisca nel quadro della lotta che in quegli anni vede Bologna opporsi all’imperatore Federico II in difesa della propria autonomia comunale; lotta che vede in perfetta sintonia di intenti l’autorità cittadina e il proprio Vescovo, di cui il capitolo dei canonici è il braccio operativo. In tale ottica, pertanto, l’espressione più sopra riportata per identificare l’origine dolosa dell’incendio, assume i connotati della denuncia di un vero e proprio attacco armato della nobiltà ghibellina montana, legata all’imperatore, a un simbolo forte del comune bolognese, guelfo e anti – imperiale.

Alla logica della chiamata a raccolta contro l’imperatore scomunicato ed eretico, risponderebbe anche la regia dell’Ubaldini nella leggenda, dai più ritenuta di origine popolare, del martirio sul Montovolo di S. Acazio insieme a 10.000 componenti della sua schiera, crocifissi agli alberi perché convertiti alla fede cristiana.

(114249 byte)S. Acazio, vissuto al tempo dell’imperatore romano Adriano (117 – 138 d.C.) è il fratello di Santa Caterina d’Alessandria , cui è dedicata l’altra chiesa sul Montovolo, più esattamente un Oratorio, edificato nel medesimo periodo della ricostruzione di Santa Maria, ad una quota più alta di questa (940 m.). Non è dato sapere, infatti, se la data 1211 indichi l’inizio o la fine dei lavori di ricostruzione.

Di certo l’Oratorio di Santa Caterina fu edificato quale ex voto da crociati bolognesi di ritorno dalla crociata di Damietta. Circostanza, questa, che sta alla base dell’accreditamento di Montovolo come Sinai bolognese , avanzato per primo dal Rubbiani nel 1908: il complesso ecclesiale di Montovolo, cioè, dal secolo XIII comincia a richiamare il Monte Sinai allo stesso modo in cui la Sancta Jerusalem delle basiliche bolognesi stefaniane e di S. Giovanni in Monte richiama la città di Gerusalemme e il Santo Sepolcro.

Valutazione di ordine squisitamente spirituale che, tuttavia, torna a indiretta conferma, nel contesto del clima politico ducentesco bolognese cui si accennava, di una regia strategica del capitolo della cattedrale, e quindi dell’autorità Vescovile, per assicurare a Montovolo un carattere di santuario “nazionale” bolognese; ove, certamente, il termine nazionale non deve intendersi con l’accezione odierna, di eredità ottocentesca, ma semplicemente identitaria.

Carattere peraltro sottolineata anche negli statuti bolognesi del 1249 con la indizione, esentasse, delle grandi Fiere settembrine da svolgersi dal 8 al 14 settembre, in concomitanza con le feste religiose. Fiere che si sono continuate fino all’immediato secondo dopoguerra.

Questo carattere di centro devozionale bolognese per eccellenza si manterrà fino alla edificazione del santuario di San Luca; ed è comprovato dall’esservi sempre un rettore, in taluni periodi anche senza obbligo di residenza in loco, nominato dal Capitolo dei canonici della Cattedrale; nonché dalla circostanza che la fama del Santuario è ben diffusa in città e nella intera diocesi, nonostante l’assenza di eventi miracolosi ivi avvenuti.

A tale proposito vale la pena ricordare che l’unico evento sopranaturale di cui si ha notizia in una cronaca risale al 1399 durante una delle tradizionali processioni che raggiungevano la cima del monte. In prossimità del balzo di Santa Caterina apparve una croce come di fuoco ed un giovane alla vista di essa cadde a terra e, dopo essersi rialzato, affermò che la Santa Vergine gli aveva chiesto di erigere in quel luogo una croce. Da qui l’edificazione della Edicola della Santa Croce, che ancora oggi vi si trova.

Come si diceva, l’ erezione di San Luca alle porte di Bologna, dà una spinta definitiva al passaggio in secondo piano, in epoca moderna, del Santuario di Montovolo, che diviene uno dei tanti di devozione Mariana della montagna, con un bacino di affluenza ben circoscritto.

Alterne, in questi secoli, sono le vicende di gestione e manutenzione del complesso ecclesiale che, ad esempio, lo vedranno anche completamente intonacato all’interno e verniciato a strisce alternate coi colori calce chiaro e scuro per imitare i marmi bicromi delle chiese romaniche toscane. In questo lasso di tempo il Santuario di Montovolo potrà anche annoverare come amministratore il Conte Cesare Mattei, eclettico edificatore della Rocchetta in quel di Riola,. A lui per primo si deve l’individuazione del ripristino della primitiva pseudo cripta come obiettivo prioritario da raggiungere. Cosa che avvenne nel 1925, essendo rettore Don Vito Pedrini,, parroco di Grizzana.

In quello stesso anno giubilare l’arcivescovo cardinale Nasalli Rocca elevò la chiesa alla dignità di Santuario arcivescovile.

Non è dato sapere se con tale titolo il Cardinale intendesse recuperare l’antico legame medievale di Santa Maria di Montovolo con la cattedrale di San Pietro in Bologna e il suo Vescovo.

Ci pare tuttavia di non andare oltre ciò che la prudenza suggerisce nell’auspicare che le celebrazioni per l’ VIII centenario del 2011 abbiano rinverdito, rinnovandolo secondo modalità contemporanee, quell’antico stretto vincolo del Santuario di Montovolo con il Capitolo Metropolitano di S. Pietro di Bologna.

Concludendo questa estrema sintesi storica, non si può non ricordare la premurosa, indomita e spesso solitaria sollecitudine di Don Annibale Sandri, rettore del Santuario dal 1943 al 2001, cui si deve non solo la salvaguardia dalle distruzioni belliche della statua della Madonna, ma anche la realizzazione della carreggiabile che negli anni cinquanta ha sostituito la vecchia mulattiera e che ha contribuito in maniera determinante a preservare il santuario di Montovolo da un completo oblio.

Fonte: Santuariomontovolo.it

Borgo Sterpi e Predolo
Borgo Sterpi e Predolo
Borgo Sterpi e Predolo

Campolo, borgata ai piedi di Montovolo di datazione incerta perche i primi racconti su questa zona vanno indietro di millenni, il templio sopra al monte e di origine Etrusca, che nella sua storia ha visto sanguinose battaglie, e la visita di personaggi illustri come Carlo Magno ed i suoi paladini, numerose ossa sono state trovate sopra la borgata, all’altezza del campo sportivo mentre, gli Sterpi, “borgata dove abita lo scultore Appenninico Fagioli” e Predolo sono risalenti al 1200 c.a.

Campolo

E’ un consistente borgo che ha conservato una casa col balchio tipico dell’Appennino del periodo quattrocentesco, con modifiche apportate nel sec. XVII. Vi è poi una torre ribassata del sec. XV che presenta una bella finestra ogivale.

Campolo
Campolo
Statua a ricordo degli scalpellini
Statua a ricordo degli scalpellini

Per lungo tempo l’attività principale dei campolesi era quella di cavatori e lavoratori (cd. scalpellini) della pietra di Montovolo, dal nome della cava; si tratta di una arenaria molto resistente e con la quale sono stati realizzati non solo gli edifici della zona, ma anche molti palazzi a Bologna. A ricordo dei tanti scalpellini, sorge nella piazza principale di Campolo il monumento a loro dedicato, opera realizzata da Giovanni Bertozzi, in arte Bert, nel 1992.

Fonte: Ass. culturale Sculca

Scola di Vimignano (grizzana Morandi)
Scola di Vimignano (grizzana Morandi)
Scola di Vimignano (grizzana Morandi)
Scola di Vimignano (grizzana Morandi)
Scola di Vimignano (grizzana Morandi)

l Borgo La Scola in comune di Grizzana Morandi, località Vimignano è tra i borghi medievali meglio conservati dell’Appennino bolognese. Già nel ‘200 sembra fosse abitato, anche se le prime testimonianze scritte ritrovate risalgono alla fine del ‘300. Il termine Scola deriva dal longobardo Sculca che significa posto di guardia, vedetta. Costruito dall’Esarcato per fortificare i propri confini e impedire appunto l’intrusione dei Longobardi il borgo, così come lo si vede oggi, si è formato tra il 1300 e il 1500 in un momento di espansione e sviluppo economico agrario, quando gli abitanti del contado si impossessarono delle terre di monasteri e di nobili che rientravano in città. I Maestri Comacini qui, come in tante altre parti d’Italia tra il ‘300 e il ‘500, lavorarono per trasformare le vecchie torri in abitazioni civili e così case, fienili, essiccatoi si allargarono anche oltre le mura di difesa. Il borgo è visitabile e spesso teatro di eventi organizzati dall’Associazione culturale Sculca, impegnata nella conservazione di questo luogo magico.

Scola di Vimignano (grizzana Morandi)
Scola di Vimignano (grizzana Morandi)
Scola di Vimignano (grizzana Morandi)
Scola di Vimignano (grizzana Morandi)

In vicinanza di questa antichissima e bellissima borgata del XIII Sec. vi sono molte case torri, ossia dei gruppi di edifici posti a difesa del confine. Anticamente, il confine era tra la Toscana Longobarda e l’Emilia Bizantina, ed in seguito, tra il Ducato di Toscana e lo Stato della Chiesa. Inoltre, di questa borgata, si ha notizia e documentazione a partire dal 1235

Nicola N. ci dice:

Ci sono tre dettagli che vorrei aggiungere:

1-Nel borgo c’è un cipresso plurisecolare (si riconosce a prima vista) che è tra i dieci alberi piú antichi d’Italia. Si stima che abbia tra i 700 e i 1000 anni

2-La casa dei “ricconi” del borgo ha una scritta latina sulla porta che dice, in pratica, “aperta agli amici, chiusa ai nemici” e ai lati della porta ci sono due piccole fessure: erano fatte per gli archibugi, i padroni di casa potevano chiedere chi era, guardare dallo spioncino e, se necessario, difendersi

3-Un signore che è nato alla Scola e che qualche anno fa mi ha fatto fare la visita del borgo mi ha mostrato un angolo di una stradina, dove nei pressi quand’era bambino c’era una taverna, con un dettaglio che sfuggirebbe quasi di certo al visitatore comune: c’era un urinale. La gente che usciva dalla taverna avendo bevuto tanto spesso aveva bisogno di scaricare i liquidi con una certa solerzia

4-(Lo so, avevo detto tre, ma me n’è venuto in mente un altro) A una delle abitazioni si accede tramite una scaletta esterna; il sottoscala è provvisto di porta, oggi è un vano per riporvi oggetti, ma ai suoi tempi vi installarono la prima cabina telefonica del paese, nonché l’unico telefono nel raggio di chilometri. Mi hanno detto che la signora che abitava quella casa, col fatto che stava seduta davanti alla casa, tendeva l’orecchio, ascoltava le conversazioni e quindi sapeva gli affari di tutti

Vimignano

LA CHISA DI VIMIGNANO

Si ha notizia di una comunità di cristiani fin dal V secolo che presumibilmente eressero un primo edificio per il culto che venne donato al vescovo di Bologna, S. Felice, nel 424. Le tracce della chiesa attuale risalgono al 1024.

L’edificio ebbe un importante rifacimento nel 1411 ed un altro fra il 1568 e il 1570 voluto dal cardinale Gabriele Paleotti, porta la chiesa alle dimensioni di 19 metri di lunghezza per 7,98 di larghezza; l’altezza raggiunge i 9,88 metri. Ancora, nel 1780-87, la chiesa è interessata da un rifacimento importante. I lavori consistono nell’arretrare il fronte di circa 5 metri ricavando all’interno lo spazio per gli attuali primi due altari, viene inoltre ingrandita la canonica i cui lavori terminano nel 1771. Ulteriori restauri e abbellimenti si sono avuti nel XVIII e XIX secolo tra i quali l’aggiunta dei volumi a sinistra della chiesa come il portale dell’atrio datato 1815 e la cappella della Compagnia del SS.mo realizzata tra il 1866 e il 1882. Nel 1804 inoltre ad opera del fabbro Sebastiano Bonifacci viene realizzata la balaustra in ferro battuto e ottone per l’altare maggiore.

Ca Montone
Ca Montone
Ca Montone

Fu anticamente sede comunale, ricordato nell’estimo del 1235. Nel 1385 contava cinque case, poi divenute sei nel 1451. Nel sec. XV furono costruite due torri dalla famiglia Nucci o Nuzzi. Il borgo pur in parte manomesso conserva una certa omogeneità. Nella torre, ora abbassata a livello della casa contigua, si trova una finestra ogivale gigliata e datata. La casa adiacente risale alla metà del sec. XV, come mostrano la porta-finestra murata ed il portale della stalla, ed è la “Domus Magna” che nel 1451 possedevano i fratelli Nuccio (o Nucci o Nuzzi), Giovannetto e Domenico di Chinzo. La torre, nel 1520, fu venduta a Domenico di Michele Nuzzi per tre quarti. Nel borgo vi è un bell’edificio di opus quadratum costruito nel 1901, recante una lapide con una scritta e uno stemma che sembra quello dei Bentivoglio. La scritta reca: “L’anno 1901 Rizzoni Paolo fece costruire dove costì si trovava la vecchia costruita l’anno MDLVIII”.

Fonte: Ass. culturale Sculca

Capanne Vagaia
Capanne Vagaia
Capanne Vagaia

Viagaia e Capanne sono note già in un documento del 1105. Nel 1385 erano presenti due case poi divenute quattro nel 1475 e undici nel 1578. Dal Quattrocento al Seicento il borgo appartiene quasi tutto ai Bertacci, in seguito subentreranno, in parte, i Cati e i Bai. Molti sono gli edifici del sec. XV e XVI. Interessante risulta essere l’edificio della fine del sec XV, che fu di proprietà dei Bertacci, famiglia di parte della Chiesa. Una torre era a Vigaia ed una è tuttora presente più sotto a Capanne, che è l’edificio più importante e antico della borgata, forse una casa-torre, ora abbassata e modificata, presenta un bel portale con una croce inscritta in un cerchio.

Fonte: Ass. culturale Sculca.

Archetta

Il paese di Riola si sviluppa con la realizzazione della statale Porrettana. Nel suo borgo è presente la Chiesa di Alvar Aalto, “l’unica struttura costruita in cemento dal Famoso architetto”, e, la meravigliosa Rocchetta Mattei. Nelle zone limitrofe si possono trovare le borgate del Conte Mattei, denominata Archetta, e, la Fornace. Luoghi immersi in freschi boschi, ( e sempre con lo stesso stile della Rocchetta ). Savignano, è il suo Borgo Medioievale, dove le prime documentazioni risalgono fin dal 1200.

Archetta
Archetta

Sono edifici eclettici della seconda metà dell’Ottocento che mescola stili diversi, dal falso medievale al moresco, voluto dal Conte Cesare Mattei, letterato, politico ma soprattutto medico autodidatta che si dedicò alla ricerca di una cura contro il cancro arrivando a definire una nuova scienza mutuata dai principi di Hannemann dell’omeopatia, che definì elettriomopatia e che ebbe un grande successo su scala mondiale richiamando al suo bizzarro castello uomini e donne di tutti i ceti. Il Conte, proprietario di una vastissima area attorno al suo castello di Savignano, edificò una serie di villini climatici dove far risiedere i pazienti, all’Albergo della Rosa e all’Archetta (tracce e segni di questi edifici particolari per l’architettura montana edificati anche successivamente dal figlio adottivo, Mario Venturoli Mattei, si possono vedere ancora oggi con i loro morivi floreali e le finestre orientaleggianti, circondati da più moderni edifici). Da qui si potrebbe salire all’Archetta singolare borgo in stile “Liberty”

Un curioso e singolare borgo come l’Archetta a Riola, sede dei villini climatici dell’elettromeopata Conte Cesare Mattei che qui ospitava i suoi numerosi pazienti, in linea d’aria e per stuttura architettonica rimanda alla più nota Rocchetta. Merita quindi una veloce panoramica per la sua originalità.

Chiesa di Verzuno

Le prime notizie sull’abitato di Verzuno risalgono al VIII secolo, periodo al quale si fa risalire la fondazione della Pieve di San Giovanni Battista, attestata da un documento del vescovo di Pistoia dell’anno 973 ove essa è citata per la prima volta assieme alla chiesa plebana di san Pietro del Sambro. Nel corso del XII-XIII secolo la Pieve raggiunse la sua massima espansione e importanza in quanto estese la sua giurisdizione su almeno 14 chiese nelle valli del Setta e del Vezzano.

Chiesa di Verzuno
Chiesa di Verzuno
Chiesa di Verzuno
Chiesa di Verzuno

L’antica Pieve venne demolita nel 1462 e, ad opera della famiglia De’ Bianchi venne eretta la nuova chiesa più a valle rispetto alla precedente. Il campanile fu invece eretto qualche anno dopo come testimoniato da una lapide in latino murata sotto la bifora del campanile: “Hoc opus fecerunt fieri dominus Pandolfus et dominus Lodovicus De Blanchis 1492”. La nuova chiesa era lunga 55 piedi e larga 24 e possedeva quattro altari in altrettante cappelle: il maggiore era dedicato a S. Giovanni, uno alla Vergine del Rosario, uno al crocefisso e l’ultimo a S. Antonio Abate edificato nel XVI secolo. Sulla parete sud della navata verso il presbiterio nel 1514 è stato commissionato ad ignoto artista un affresco rappresentante Madonna con Bambino e San Pancrazio.

VIGO (CAMUGNANO)

Sasso di Vigo (Camugnano)
Vigo
Vigo

Il borgo di Vigo si distingue per la presenza della particolare conformazione geologica detta Sasso di Vigo, dove a mezza costa sorge la chiesa di S. Stefano di cui rimane oggi solo il muro absidale. Il piccolo borgo di Seretto di Vigo offre sorci suggestivi con le sue case di pietra locale, così come il borgo di Greglio con la sua chiesa di S. Antonio, ricordato per la sua funzione ospitale o luogo di riparo per viandanti. Nella zona di Vigese negli ultimi decenni si è verificato un interessante fenomeno di insediamento da parte di artisti e personaggi di cultura. Passeggiando per le strade di Predolo non è raro infatti incontrare sculture che ne punteggiano le strade