I luoghiVia di San Francesco

A Greccio una notte di Natale…

Fonte: Gherardo Dino Ruggiero


Chi gliel’avrebbero mai detto a Giovanni di Pietro Bernardone (Assisi 1182-1226) di arrivare in Terrasanta come frate, lui che ardiva dal desiderio – come tutti i giovani facoltosi della sua età – di diventare cavaliere e partire come crociato!

Proprio lui, cui il destino aveva presto iniziato a dare segni di totale cambiamento: già battezzato con il nome di Giovanni il padre gli cambia nome: Francesco.

Lo aveva fatto in onore della Francia che tanto benessere aveva dato e continuava a dare a sé ed alla sua famiglia, grazie alle raffinate stoffe che comprava in Provenza e rivendeva non solo ad Assisi ma in tutto il circondario.

Aveva anche sposato una donna francese, la provenzale madonna Pica, la madre di Francesco. Francesco partirà sì per una Crociata, ma ammalatosi dopo pochi chilometri, dovrà fermarsi a Spoleto e tornare indietro; già da giovane la sua salute si rivela cagionevole. Nel 1202 verrà fatto prigioniero in una delle frequenti battaglie tra Assisi e Perugia. Uscirà trasformato da quell’anno circa di prigionia e riflessione: entrato come giovane gaudente ricco e spensierato, ne uscirà come…il poverello di Assisi.

Sarà poi in Palestina nel 1220 e qui rimarrà folgorato dai luoghi santi, in particolare lo segnerà la visita al luogo dove nacque Gesù. Un luogo spoglio, privo di tutto, persino dell’acqua, giusto un po’ di paglia avanzata in una mangiatoia che lo proteggerà dal freddo in quel mese di dicembre. Sempre si apparterà a meditare sul mistero del dio che si fa uomo, nasce da una donna e muore in sacrificio per l’umanità…

In occasione della V Crociata (1219-20) riparte per la Terrasanta: sei suoi compagni verranno martirizzati, lui riuscirà a farsi ricevere dal sultano d’Egitto Malik al Kamil che regnava su Gerusalemme. Addirittura durante un assedio riuscirà a raggiungere indenne il Sultano, che rimarrà affascinato ad ascoltarlo. Francesco era tenace e coraggioso ed il sultano, nipote del Saladino, colto e saggio.

Il primo presepe

Tornato incolume dalla Terrasanta e folgorato dal mistero della nascita di Gesù faticherà non poco per ottenere dal papa Onorio III il permesso di poter “rievocare” la Nascita. Perché giudicato atto blasfemo, così come celebrare messa in luogo non consacrato, una grotta, poi! In una grotta e non in una chiesa!!!

Ottenuto di poter far dire una messa all’aperto nel dicembre 1223 Francesco sceglie Greccio che gli ricordava il paesaggio visto a Betlemme. La sua scarna semplicità, la povertà dei suoi rari abitanti e la natura del luogo che induce alla meditazione . Qui, in una grotta dove lui ed i suoi si ritiravano a meditare, aiutato dal signore del luogo, Giovanni Velita da Greccio, di cui scriverà che “pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che della carne” si procura un bue ed un asinello, del fieno ed una mangiatoia che intende lasciare vuota e, allestito un semplice altare dove un prete celebrerà la messa, vedrà con sua grande sorpresa una gran massa di gente affluire da tutti i dintorni.

La “promozione” diremmo oggi, di Giovanni Velita era stata molto efficace . La pia moglie, Alticama, aveva anche modellato un neonato in terracotta e Francesco si convinse ad adagiarlo nella mangiatoia. Leggenda vuole che alla fine della cerimonia, quando Francesco lo solleva tra le braccia, i presenti vedano il bambino animarsi e risplendere d’una luce intensa. Tommaso da Celano e s. Bonaventura tra i presenti, ne lasciano testimonianza scritta. Tre anni più tardi Francesco, il “giullare di Dio” come verrà chiamato per la sua indole scherzosa, lascerà questa terra e solo dopo sessant’anni l’idea del presepe riprenderà vita e si diffonderà man mano in tutto il globo (…vedi a proposito mostra presepi aperta tutto l’anno in s. Maria del Popolo).

Dopo 60 anni il primo presepe vero e proprio, con 8 personaggi principali scolpiti nel marmo, lo realizza nel 1283 Arnolfo di Cambio e si trova tutt’ora nella Basilica di S. Maria Maggiore.

Francesco, nel ricostruire Betlemme in forme poco “canoniche”, sembra avere voluto riaffermare il suo “radicalismo” evangelico, il suo intento di imitare Cristo, scegliendo, non la chiesa ma il bosco, non lo splendore e i ricchi doni dei Magi, ma l’essenzialità di una mangiatoia e di due animali. Non una Grande Maestà -magari in trono- da adorare, ma un fragile Bambino cullato dalla Madre e adorato da poveri pastori. Il presepe di Greccio inoltre nella sua essenzialità diveniva un’alternativa ad un pellegrinaggio impossibile da fare a Gerusalemme ed una risposta pacifica alle Crociate di quel periodo.